
Le restrizioni e i divieti imposti in materia di circolazione delle persone fisiche per il contenimento della pandemia obbligano ad una convivenza forzata dei nuclei familiari che potrebbe accentuare situazioni conflittuali preesistenti, incidendo sulla possibilità di commissione di atti di violenza di genere e domestica.
La violenza contro le donne, soprattutto negli ultimi anni è diventata argomento ricorrente in trasmissioni televisive che ne fanno, a volte, più che propaganda di sensibilizzazione, un vero e proprio mezzo per aumentare l’audience.
Eppure, a cotanta risonanza mediatica, non è sempre corrisposta un’altrettanta eco a livello legislativo.
Basti pensare che in Italia soltanto nel 2009, è stato introdotto con l’art. 612 bis del Codice penale il reato di stalking e solo nel 1996 si è avuta la prima significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale che ha iniziato a considerare la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale, innovando la precedente normativa, che la collocava fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume.
La violenza di genere, tuttavia, esiste dalla notte dei tempi.
Già Ovidio, nelle “Metamorfosi”, descriveva l’amore ossessivo e violento del dio Apollo verso la ninfa Dafne. Il retaggio ancestrale della prevaricazione fisica dell’uomo sulla donna è sopravvissuto a qualsiasi tipo di lotta sociale, conservando inalterata la sua forza nonostante i progressi della civiltà, senza risparmiare alcun ceto sociale.
Nel 1990 il primo Stato al mondo a dotarsi di una chiara e peculiare legge anti-stalking fu quello della California, dopo l’ennesimo omicidio di una attrice famosa dell’epoca: Rebecca Shaeffer. Il suo assassino venne condannato per omicidio, ma non gli vennero riconosciute come criminose le condotte violente poste in essere prima dell’atto efferato.
La carenza di una normativa ad hoc permise di lasciare impuniti, fino a quel momento, tanti casi di violenza nei confronti delle donne.
A livello internazionale la Convenzione di Istanbul del 2011 – ratificata dall’Italia nel 2013 - è stato il primo strumento giuridicamente vincolante a creare un quadro normativo completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza. L'elemento principale di novità della Convenzione è il riconoscimento della violenza sulle donne come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione. Essa prevede anche la protezione dei bambini testimoni di violenza domestica e richiede, tra le altre cose, la penalizzazione delle mutilazioni genitali femminili.
Sulla scia della Convenzione, il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 69 del 2019 (c.d. Codice Rosso), volta a rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica, inasprendo altresì la normativa anti-stalking. La violenza sulle donne si dota così di una "corsia preferenziale" per combatterla, con indagini piu' veloci (basti pensare che dal momento della denuncia la vittima dovrà essere sentita dal Pubblico Ministero entro massimo tre giorni).
Il Codice Rosso ha poi introdotto i reati di revenge porn (che consiste nella diffusione di foto o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito di una persona senza il suo consenso) e sfregi al viso oltre allo stop ai matrimoni forzati.
Ma quali sono, nella pratica, gli strumenti posti in prima linea ad aiuto delle vittime di violenza?
Accanto ai consultori ed ai centri antiviolenza, nel 2006 è stato istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità il telefono rosa antiviolenza e stalking: 1522. E’ attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile. L’accoglienza è disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Il numero verde 1522 da Gennaio 2013 a Settembre 2019 ha raccolto 150.887 chiamate valide, provenienti non solo da vittime di violenza ma anche da operatori, servizi e persone appartenenti alla rete sociale delle vittime.
Durante il lockdown da Covid-19 è cresciuto il numero di donne che si sono rivolte al numero di pubblica utilità.
Nel mese di marzo sono stati infatti 716 i contatti (erano stati 670 nel marzo 2019), mentre dal 1 al 18 aprile 2020 sono saliti a 1037 (397 nello stesso periodo del 2019).
A rispondere alle richieste di aiuto vi sono le operatrici telefoniche che forniscono una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza di genere e stalking, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale.
Il 1522, attraverso il supporto alle vittime, sostiene l’emersione della domanda di aiuto, con assoluta garanzia di anonimato.
I casi di violenza che rivestono carattere di emergenza vengono accolti con una specifica procedura tecnico-operativa condivisa con le Forze dell’Ordine.
Il collegamento con le operatrici del numero verde è possibile anche tramite la app 1522; va poi menzionata la possibilità di utilizzare l’App “Youpol” della Polizia di Stato, per la segnalazione di violenza domestiche, anche in anonimato, alle questure. Il telefono rosa 1522 è collegato al centro antiviolenza regionale più vicino alla vittima.
Il protocollo prevede che ogni azione (denuncia, separazione, attivazione dei servizi, ecc.) venga intrapresa solo con il consenso della donna e che si lavori sempre per il suo vantaggio, attraverso una modalità che consenta alla donna di parlare di sé, offrendole la possibilità di credere in se stessa, secondo i presupposti della protezione, della riservatezza e del non giudizio da parte delle operatrici.
La violenza alle donne e ai loro bambini è un problema strutturale, della società. E’ una violazione dei diritti umani, un crimine penale, che va punito ma soprattutto VA IMPEDITO!
Giusi Di Lalla, Avvocato
Sitografia:
www.pariopportunita.gov.it
www.europarl.europa.eu
www.camera.it
www.istat.it