
Indro Montanelli scriveva che
“gli statisti presbiti distruggono loro stessi, quelli miopi distruggono i loro Stati”.
Ecco non sappiamo di certo se possiamo definire o meno il Ministro Brunetta uno statista, quello che è certo è la sua arrogante miopia verso una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che, dati alla mano, si è rivelata uno strumento chiave su più fronti.
Non parliamo solo del benessere dei dipendenti e della loro maggiore libertà nell’organizzare i propri ritmi vita-lavoro, e non parliamo neanche degli aumenti netti di produttività che aziende pubbliche e private hanno registrato a fronte di maggiori risparmi per minori costi di gestione; parliamo di una serie di “esternalità” positive in tanti campi della vita quotidiana che il lavoro agile ha generato.
Uno studio effettuato alla fine del 2020 da ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) condotto su 29 amministrazioni pubbliche e più di 5500 dipendenti ha rilevato come il lavoro agile abbia ridotto la mobilità quotidiana del campione esaminato di circa un’ora e mezza in media a persona, per un totale di 46 milioni di km evitati.
Da qui il duplice beneficio: sia in termini di tempo di vita “acquistato”, sia in termini di emissioni di gas serra stimati in circa 8000 tonnellate di CO2, 1,75 t di PM10 e 17,9 t di ossidi di azoto[1].
Dello stesso parere è lo studio del 2021 della Carbon Trust associazione non a scopo di lucro istituita nel 2001 per aiutare le Organizzazioni a ridurre il loro impatto ambientale, e commissionato dal Vodafone Institute for Society and Communication, il think-tank europeo del Gruppo Vodafone.
Secondo questa rilevazione l'Italia potrebbe in futuro risparmiare fino a 8,7 megatonnellate di Co2 equivalente all'anno, pari a 60 milioni di voli da Londra a Berlino, attraverso il ricorso allo smart working, per ogni persona che facesse ricorso al lavoro agile il risparmio sarebbe equivalente a oltre una tonnellata (1.055 kg) di Co2e.
È stato stimato inoltre che nel 2020 i minori spostamenti, oltre a diminuire le emissioni di gas serra come sopra descritto, abbiano ridotto del 31% gli incidenti stradali, del 24,5% le morti per sinistri stradali e del 20% i feriti gravi.
Non solo.
Il lavoro agile potrebbe mettere fine anche ad un altro problema: quello dello spopolamento di intere aree del paese, con conseguente sovraffollamento di alcune zone.
Lo smartworking ha consentito a molti lavoratori “fuori sede”, costretti a lasciare casa e famiglia, di ritornare nei propri paesi natali continuando a prestare il proprio lavoro da remoto.
Questo oltre ad un alleggerimento di zone troppo densamente abitate, consente anche la ripresa economica di parti del paese sempre più depresse economicamente, dal constante e neanche più tanto lento abbandono di giovani e meno giovani lavoratori.
La stessa ANCI ha sottolineato come in Italia più del 72% degli 8000 Comuni ha meno di 5000 abitanti, ben 2381 di questi è in elevato stato di abbandono con conseguente perdita del patrimonio storico e culturale che questi piccoli centri portano con sé. In questo senso le nuove tecnologie e l’implemento del lavoro da remoto potrebbero dare nuova linfa vitale a intere parti del paese che rischiano la desertificazione.
Il Ministro Brunetta, in questi giorni ha ribadito che il ritorno in ufficio “varrà il 6,3% del pil delle grandi città” e che “gioverebbe ancor più ai settori del terziario urbano, come quello dell'horeca (hotel, ristoranti, bar ndr), dell'abbigliamento e dei trasporti” continuando a trattare i lavoratori come meri consumatori da spremere sull’altare del capitalismo sfrenato e consumista senza considerare che questi consumi non ce li possiamo più permettere in termini di inquinamento, vivibilità delle città e incidenti stradali.
L’economista Brunetta ha anche forse dimenticato che i “minori consumi” giornalieri in termini di spostamenti casa-lavoro e ristorazione diurna dello smartworker non diminuiranno affatto i suoi consumi medi annui.
Il lavoratore agile, infatti, dirotterà le proprie maggiori risorse semplicemente in altre zone non solo geografiche, come spiegato prima, ma anche di mercato, magari andando ad alimentari mercati a km0, mobilità sostenibili, turismo sostenibile, mercati immobiliare in zone depresse, ristorazione serale ecc. ecc. mantenendo perfettamente uguale la sua propensione marginale al consumo.
Lo Smartworking si pone quindi come uno strumento essenziale di civiltà, in un paese che vuole essere al passo con i tempi e che abbia a cuore un futuro sostenibile in una visione integrata uomo-ambiente
Lorenzo Campanella
Sitografia:
https://www.enea.it/it/seguici/pubblicazioni/pdf-volumi/2020/smart_working_nella_pa.pdf
https://www.vodafone.it/nw/vodafone-italia/content/comunicati-stampa/2021/210610.html https://www.ilsole24ore.com/art/dallo-smart-working-spinta-ridare-nuova-vita-borghi-ADDoeak?refresh_ce=1
https://www.corriere.it/economia/lavoro/21_ottobre_09/pa-brunetta-con-fine-smart-working-pil-2021-fino-63percento-sara-boom-citta-e3c3358c-28df-11ec-b7b1-cee5d0ca7086.shtml